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Dott.ssa Loretta Giacomozzi Assistente Sociale, Esperta e Responsabile Dei Processi Formativi.
Testi consigliati
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Attraverso testimonianze proprie e di diversi operatori socio-assistenziali, gli autori sono riusciti a raccontare, mantenendo il rigore scientifico, come si possono raggiungere, attraverso la “giusta” relazione, obiettivi terapeutici, riabilitativi e assistenziali. Ogni storia è quindi motivo di valutazione tecnica e formativa, e la pratica “sul campo” rimane il crocevia fondamentale per la successiva disquisizione teorica e culturale. Così facendo, si delineano scenari operativi che gettano luce inedita sugli aspetti e i modelli relazionali in cui sono coinvolti gli anziani con demenza, disturbi del comportamento, depressione, neoplasia terminale e altre condizioni oggigiorno tipiche dell’età geriatrica e, in particolare, dei molti soggetti ospiti di Case Protette e RSA. Dai racconti emerge anche l’efficacia del modello assistenziale geriatrico, il cui punto di partenza è la valutazione multidimensionale, e che poi, attraverso un attento lavoro d’équipe, arriva a definire un approccio globale il cui obiettivo principale è la ricerca della miglior qualità di vita possibile in rapporto alle condizioni del soggetto. Modello assistenziale in cui la relazione, positiva e costruttiva, diventa il reale valore aggiunto in grado di “dare” efficacia a ogni progetto individualizzato di vita e di cura.
Nella persona che invecchia il passato viene spesso considerato come tempo ormai perduto, occasione di rimpianto o nostalgia, ma anche prezioso contenitore di risposte di senso a ciò che si è stati. In ambito istituzionale il confronto con il limite si fa più serrato sul piano fisico, cognitivo e relazionale e diventa quindi essenziale supportare l’anziano nell’adattamento al nuovo contesto di vita e nella riattribuizione di un significato alla propria esistenza che, insieme, possano compensare il peso delle numerose perdite subite. Un valido strumento di intervento sociale utile a mettere in risalto il percorso di vita e a formare relazioni affettive è il laboratorio autobiografico di gruppo, spazio in cui i partecipanti, attraverso la narrazione di sé, si riscoprono e riconfermano la propria identità. Nel presente testo vengono proposte metodologie operative per la conduzione di tali laboratori: un’ampia raccolta di esercizi basati sull’uso di poesia, oggetti, miti, letteratura, luoghi e storie fantastiche quali mediatori per raccontarsi saranno particolarmente efficaci per gli operatori che, all’interno di una struttura residenziale, desiderino avvicinarsi alla memoria e ai ricordi delle persone assistite.
Queste pagine vogliono essere un rispettoso contributo per il lettore, professionista dell’aiuto, volontario, caregiver, per sviluppare gli strumenti culturali e operativi per avvicinarsi alla persona non autosufficiente e al morente non solo con la massima sensibilità umana, ma anche con metodo e professionalità, e per riuscire a coniugare etica e pratica, atteggiamenti e prestazioni, visioni della vita e metodo di lavoro. L’accompagnamento alle frontiere della vita diventa un percorso relazionale importante; nella cura delle persone bisogna essere se stessi, autentici, così come si è, senza maschere o paraventi. L’uomo è un unicum: chi soffre e si avvicina alla morte, ma anche chi lo aiuta ogni giorno. Il testo affronta il tema e lo orienta verso lo sviluppo di competenze di ascolto attivo, coniugandole con i necessari atteggiamenti etici e le metodologie di valutazione e gestione dei percorsi di cura. Consigliato per la formazione di assistenti sociali, educatori, operatori socio-sanitari, psicologi, assistenti spirituali, dirigenti dei servizi. Più che utile come testo di diffusione sulle tematiche di fine-vita, in particolare per i caregiver dei malati cronici o terminali e di sensibilizzazione della cittadinanza al tema delle DAT.
Thomas, il figlio dell’autrice, è un bambino autistico. Si fida delle donne bionde con la coda di cavallo come la sua mamma; quando il nonno va via, lo saluta solo se viaggia nella macchina verde; adora il gelato, ma il pistacchio deve essere in fondo, l’arancia in mezzo e la fragola in cima. Attraverso il racconto della sua esperienza con Thomas, l’autrice mostra – con la tenerezza di una mamma e il rigore dello studioso – come una caratteristica chiave dello stile cognitivo nell’autismo sia il “pensare in dettagli”, cioè un’estrema sensibilità ai particolari, da rilevare e combinare in gran numero prima di riuscire a trarne un insieme unitario e dotato di senso. Descrive inoltre le conseguenze di questa specifica modalità cognitiva sulla triade delle difficoltà nella comunicazione, comprensione sociale e immaginazione, con indicazioni importanti per lo sviluppo di programmi educativi e di relazioni positive con le persone con autismo.